IL TRIBUNALE

    Decidendo sull'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata
dal  difensore  in  ordine  all'art.  14,  comma  5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998,  come  modificato  dal d.P.R. 30 luglio 2002 n. 189, nel
procedimento  di  convalida  dell'arresto  di  Arslan  Dejan,  nato a
Skopjie  (Macedonia)  il  1° febbraio 1979; sentito il p.m. che si e'
associato all'eccezione;

                           Rileva in fatto

    L'Arslan  e'  stato tratto in arresto per rispondere del reato di
cui  all'art.  14,  comma  5-ter,  d.lgs.  n. 286/1998  e  successive
modifiche,  perche',  in  violazione dell'ordine impartito in data 30
gennaio  2003  dal  questore  di  Lecce  ai sensi dell'art. 14, comma
5-bis,  della  medesima  legge,  di  allontanarsi  entro 5 giorni, si
tratteneva  nel  territorio  dello  Stato italiano senza giustificato
motivo.
    Il  p.m.  ha  chiesto la convalida dell'arresto ed il contestuale
giudizio  per direttissima, ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquiess
legge   cit.;  in  sede  di  convalida,  il  difensore  ha  sollevato
l'eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma
5-quinquies,  nella  parte  in  cui  prevede  per  il reato di specie
l'arresto  obbligatorio,  in quanto contrastante con gli articoli 3 e
13 della Costituzione;

                         Osserva in diritto

    Deve   essere,   innanzi   tutto,  ritenuta  la  rilevanza  della
questione,  in  quanto l'imputato e' stato arrestato perche' sorpreso
nella  flagranza  del  reato  contestatogli, sono stati rispettati da
parte  della  p.g. che ha proceduto all'arresto gli obblighi previsti
dall'art. 386  c.p.p.,  cosi'  come  le  prescrizioni normative poste
dagli articoli 390 e 391 c.p.p. al fine di procedersi alla convalida,
per cui non vi ha dubbio circa l'efficacia della misura.
    Ritiene  altresi'  questo  giudice  la non manifesta infondatezza
dell'eccezione  sollevata sotto i profili della non rispondenza della
norma de qua rispetto all'art. 13 della Carta costituzionale.
    Deve  premettersi che l'istituto dell'arresto, in quanto mezzo di
coazione  della  liberta'  personale,  di  un  bene  quindi  tutelato
dall'art. 13,  della  Costituzione che ne prevede la comprimibilita',
se  non  in  presenza  di  atti motivati dell'a.g., con l'adozione di
provvedimenti provvisori da parte della p.g. solo in casi eccezionali
di  necessita'  ed  urgenza, e' disciplinato dagli articoli 380 e 381
c.p.p.;  le ipotesi previste da tali norme devono dunque considerarsi
tassative e non suscettibili di estensione analogica.
    Va   altresi'   rilevato   che   la  misura  dell'arresto  appare
strettamente  correlata, per l'insieme sistematico della normativa di
riferimento,  all'applicazione  di misure coercitive, e prova di tale
assunto si rinviene nell'art. 391, comma 5, c.p.p., che prevede quale
sviluppo    funzionale    della   misura   dell'arresto   l'eventuale
applicazione  di  misure  coercitive;  la norma, nella parte seconda,
ribadisce  ancor  piu'  la  correlazione fra la misura dell'arresto e
quelle  coercitive  prevedendo  che,  allorquando l'arresto sia stato
eseguito  per uno dei delitti previsti dall'art. 381, comma 2, c.p.p.
ovvero  per  uno  dei  delitti  per i quali e' consentito anche fuori
dalla  flagranza,  l'applicazione della misura coercitiva e' disposta
anche  al  di  fuori  dei limiti di pena previsti dagli articoli 274,
comma 1,  lett.  c)  e  280  c.p.p.  Ancora  ne  costituisce evidente
conferma   l'art. 121   comma 1   disp.   att.  c.p.p.,  che  prevede
l'emissione  da parte del p.m. di un decreto di liberazione immediata
dell'arrestato, quando non ritenga di dover richiedere l'applicazione
di misure coercitive.
    Cio'  premesso,  e  rilevato che il reato per cui si procede, sia
per  le previsioni edittali (essendo punito con l'arresto da sei mesi
ad  un  anno) sia per tipologia (trattandosi di contravvenzione e non
di delitto), non rientra nelle ipotesi di applicabilita' delle misure
coercitive,  risulta  del  tutto  irragionevole  la limitazione della
liberta' personale.
    Vero  e'  che,  in  virtu'  dell'art. 221 disp. att. c.p.p., puo'
essere  disposta,  come in effetti lo e' stata nel caso di specie, la
liberazione  immediata  dell'arrestato,  ma cio' comporta il ricorso,
per  la  convalida,  o  al  giudice per le indagini preliminari, o al
giudice  del  dibattimento,  cui e' demandata poi la celebrazione del
giudizio per direttissima; il tutto si traduce in un impiego di mezzi
ed  energie  che  appare  non  sorretto  da una finalita' processuale
apprezzabile.
    E'  da  sottolineare poi l'arresto non appare ragionevole neppure
in  funzione  dell'immediata  espulsione  dello straniero; la mancata
sottoposizione  alla custodia cautelare in carcere comporta, ai sensi
dell'art. 13,  comma 3,  d.lgs.  n. 286/1998, che, salvo il ricorrere
delle  inderogabili  esigenze  processuali previste tipicamente dalla
norma,  venga  rilasciato da parte dell'a.g. procedente il nulla-osta
al  provvedimento  di  espulsione,  di tal che e' comunque assicurata
l'esecuzione dell'espulsione ad opera del questore.
    La  norma oggetto dell'eccezione della pubblica accusa non sembra
quindi   sottrarsi,   neppure  sotto  questo  aspetto  a  profili  di
irragionevolezza  e di non conformita' al principio di buon andamento
della  pubblica  amministrazione  dettati dagli articoli 3 e 97 della
Carta costituzionale.